Salvi o no, meglio correre e picchiare

33 punti sono sufficienti per conquistare la salvezza? La domanda che provoca l’insonnia dei tifosi dello Spezia è grossomodo questa: senza altri punti da qui alla fine del campionato i bianchi potrebbero ugualmente staccare il tagliando che apre il tornello della prossima serie A?

Se la risposta fosse semplice si potrebbe tra due guanciali ma con la bagarre che si vive adesso in coda il rischio di fare la fine di Bitossi contro Basso al mondiale di ciclismo di Gap del 1972 è concreto: fuga strepitosa fino agli ultimi metri, poi le gambe si inchiodano su pedale divenuti maledettamente duri e da dietro l’inseguitore taglia per primo la linea del traguardo. Il calcio è pieno di episodi così, dalla fatal Verona a Roma-Lecce, troppe lacrime sono state versate per vivere con serenità certi epiloghi.

Quindi, al di là di ciò che succederà davvero, e di cui si potrà dissertare tra qualche settimana, lo Spezia non può e non deve credere che sia già arrivato il momento di inforcare le infradito e spalmarsi la crema solare. Ci sono ancora quattro partite, sulla carta tutte tra il difficile e l’impossibile, e vanno affrontate come sa la vita di ognuno dipendesse da queste.

Il primo ma forse anche l’unico piccolo vantaggio è che tre volte su quattro lo Spezia giocherà in casa: il vecchio Picco è stato, nella storia, un cliente duro per gli avversari che hanno avuto la ventura di giocarci. Piccolo, stretto, angusto e ostile, il catino di viale Fieschi ha provocato l’odio di molti campioni abituati alle notti infuocate. Nedved, dopo aver segnato il gol che in serie B garantì un fortunoso pareggio alla Juventus, mostrò un’esultanza isterica al limite dell’esaurimento nervoso. E’ questa la leva, quella del fare impazzire gli avversari, stalkerizzarli dal prepartita fino all’imbocco dell’autostrada, che Spezia, tutta insieme, deve azionare per giocarsi davvero le sue carte. Senza fuoco e fiamme il rischio è troppo elevato.

Rispetto alla blanda passeggiata di Torino serve quindi riscoprire il furore di quando Thiago Motta era sulla graticola, quella stessa paura vissuta nel pomeriggio di coppa Italia contro il Lecce, quando i tifosi imbestialiti assediarono il cancello della tribuna. Il calcio è uno sport fisico, si vince anche così.

Poi servono altri dettagli più tecnici: vanno recuperati da acciacchi e pandemie i giocatori migliori. Lo Spezia non può fare a meno di Maggiore, Kiwior, Bastoni, Verde e Manaj. E persino ‘Nzola, sui cui pure è legittimo pensare cose che è meglio non scrivere sul web, dev’essere una pedina su cui poter contare, avendo cura di fargli rimuovere anelli e catene dalle varie parti del corpo in cui ha deciso di infilzarsi.

Il primo match ball è sabato alle 20.30: Spezia-Lazio. Stadio pieno e occhi della tigre non possono mancare dal menù: corsa, chiusure e falli tattici. Tutto l’armamentario, lecito e illecito, dev’essere a disposizione: con 33 punti non servono voli pindarici. Basta un pareggino. Non sarà facile. Ma non è impossibile.

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